Nel solco della sua lunga tradizione sperimentale, lo studio viennese Coop Himmelb(l)au lancia Deep Himmelblau, un programma di ricerca che intreccia architettura e intelligenza artificiale per interrogarsi sulla possibilitĂ di insegnare alle macchine non solo a progettare, ma a pensare.
Non si tratta semplicemente di potenziare il design attraverso algoritmi, ma di esplorare come l’IA possa diventare un’estensione della mente creativa, una nuova intelligenza architettonica capace di reinterpretare, generare e restituire significato.

Oltre il calcolo: IA come filtro creativo
Se i computer possono essere istruiti su criteri estetici o compositivi, resta aperta la domanda: possono sviluppare una propria forma di creativitĂ ? Possono reinterpretare rappresentazioni di un dominio (musicale, naturale, letterario) e tradurle, come fanno gli architetti, in spazio costruito?
La riflessione di Coop Himmelb(l)au prende le mosse da un dato semplice ma cruciale: noi non percepiamo la realtà direttamente, ma attraverso ricostruzioni mediate da esperienza, formazione, memoria. Ogni architetto filtra ciò che vede secondo la propria cultura visiva, trasformando il mondo in possibilità progettuale. Questo meccanismo, così umano, è ciò che Deep Himmelblau tenta di far emergere anche nella macchina.

Reti neurali come spazi di interpretazione
Le reti neurali profonde, allenate su grandi dataset, hanno dimostrato la capacitĂ di disentanglare caratteristiche complesse: forma, funzione, materiale, uso. Alcuni algoritmi imparano autonomamente a separare queste componenti semantiche, permettendo poi di combinarle in modi nuovi.
Questa capacità computazionale di scomposizione e riassemblaggio è sorprendentemente vicina all’operazione progettuale: analizzare, astrarre, reinterpretare, sintetizzare. Ma con una differenza radicale: le macchine non “capiscono”, ma riconfigurano. E talvolta ci mostrano ciò che noi, limitati dai nostri filtri, non riusciamo a vedere.

CreativitĂ aumentata: una nuova alleanza
Deep Himmelblau non propone un’architettura generata automaticamente, ma una simbiosi tra architetto e algoritmo. La macchina agisce come catalizzatore di possibilità , e l’umano come interprete e critico. Questo dialogo, se ben condotto, può generare forme e pensieri prima impensabili.
Wolf D. Prix, fondatore dello studio, sintetizza così la visione:
“Proprio come le piume si sono evolute nei dinosauri prima ancora che potessero volare, l’intelligenza architettonica può portarci a progettare prima ancora di sapere perché.”
L’architettura, in questa prospettiva, non è un prodotto, ma un processo evolutivo. Un sistema aperto, capace di apprendere e mutare, proprio come il pensiero umano.